BLACKFACE
Seppur tornato all’attenzione pubblica solo di recente, la pratica del Blackface nasce nel XIX secolo come stile di trucco teatrale per assumere in modo stilizzato e stereotipato le sembianze delle persone nere.
Il Blackface inizia a far parte del teatro americano dal 1830, anche se si ritiene che la blackface fosse già in uso nel 1400, come scrive John Strausbaugh, quando in Portogallo si usava “esibire la negritudine” di fronti a spettatori bianchi.
Lo stile trova comunque il suo maggior impiego nei Ministrel Shows, opere teatrali che includevano sketch comici, danze e musiche e che hanno influito moltissimo sull’idea che gli statunitensi bianchi si sono costruiti in merito agli afroamericani.
In queste opere infatti, le persone nere erano rappresentate seguendo stereotipi precisi: gli attori bianchi che interpretavano il ruolo non si limitavano ad annerirsi il viso (con sughero bruciato, carbone nero o lucido per scarpe), tendevano ad esagerare con il trucco le dimensioni delle labbra, indossavano parrucche, frac o vestiti logori.
Gli stereotipi erano così radicati, che gli stessi attori neri rappresentavano se stessi in Blackface.
Seppure non ci sia una data certa da attribuire all’inizio dell’uso della Blackface nei teatri, sappiamo che se ne faceva largo uso nel teatro elisabettiano e giacomino.
Esempi famosi dell’uso di questa pratica si trovano in opere come Otello o nel celebre film “la capanna dello zio Tom” per citare tempi più recenti.
Come abbiamo detto, la Blackface era un lemma culturale, che dipingeva gli afroamericani talvolta come stolti, talvolta come straccioni.
Seppure la Blackface iniziò a scomparire già negli anni ’30 del ‘900, la cosiddetta “iconografia darky” era già presente nei libri per bambini, negli spettacoli e persino nei giochi e giocattoli.
Il personaggio darky aveva la pelle color inchiostro, gli occhi grandi e generalmente, le labbra esageratamente rosse.
Se si iniziò ad assumere maggiore consapevolezza del fenomeno razzista e denigratorio che aveva rappresentato e rappresentava la Blackface, fu senz’altro per opera di Martin Luther King, che negli anni ’60 del ‘900 si battè duramente per eliminare il concetto razzista fino ad ora sottovalutato e che ne denunciò l’inequivocabile nota denigratoria.
La questione tuttavia ci appare più attuale che mai, dal momento che gli avvenimenti recenti e le gaffe non proprio saltuarie, di emittenti televisive o degli stessi cartoni animati (basti pensare a Tom&Jerry, in cui la padrona di Tom viene rappresentata in abiti da colf e di cui spesso vediamo solo le labbra e il fisico importante), ci invitano a pensare se i passi avanti fatti siano sufficienti o se il lavoro da fare non sia ancora molto.